31 agosto 2011

FERMENTANTE? CON JUICIO

C'è un produttore che amo molto.
Anzi, purtroppo c'era fino a pochi anni fa e anche se il figlio Francesco ha preso saldamente in mano il testimone, il carisma e l'alone di leggenda del padre restano ineguagliabili. Per i vini, il tempo saprà dire le differenze. Sto parlando di Edoardo Valentini, "papà" -oltre che di Francesco- del montepulciano d'Abruzzo e del trebbiano, ovvero due dei tre vini che produce, il primo un rosso e il secondo un bianco (il terzo è un rosato, il Cerasuolo, per me tra i più buoni e longevi d'Italia). Questo produttore rappresenta il vero artigiano del vino -tipo il vigneron di alcune zone francesi- e la sua azienda è sempre stata lontano dalle logiche di marketing, di scelte d'internazionalità e di moda. Già la scelta di fare solo tre vini "base", un rosso, un bianco e un rosato è particolare. In più va considerato il terroir, la zona dove vengono prodotti questi vini, che seppure dotata delle caratteristiche pedoclimatiche ideali per le idee del buon Edoardo, è situata in Abruzzo, a Loreto Aprutino, che non è certo Montalcino o Barolo.
Come capita spesso ai produttori "di culto" -e Valentini lo è- oltre agli appassionati di questi vini, c'è una discreta schiera di denigratori e ipercritici verso un prodotto che per loro ha uno stile "rustico", come se questa fosse solo e soprattutto un'accezioni negativa.
Dicono, i detrattori, che i vini di Valentini puzzano, che sono imprecisi, che una bottiglia su tot è da lavandinare, che non hanno identità e che a volte a causa di una vinificazione artigianale e per eccesso di carbonica, rifermentano in bottiglia. A me non è capitato ancora di trovare una bottiglia così tragicamente difettata; certo, qualche suo vino magari è riuscito meno bene, qualche annata è poco speciale e qualche bottiglia invecchia prematuramente, come ovviamente capita a tutti i vini; ma di puzze nette e fastidio dei sensi mai. Sarà stata fortuna.

L'altro ieri, per festeggiare la visita di un amico, vado nella "cantinetta del giorno" per compiere il rito che noi enomaniaci adoriamo, la scelta della bottiglia. Entrando sento però subito un odore di vino fuori dal normale, diverso da quel classico profumo meraviglioso che si trova nei luoghi piccoli e freschi dove stanno le bottiglie. Era proprio un profumo di vino come appena versato. Inizio a controllare le bottiglie, naturalmente partendo da quelle che stanno in basso, le più vecchie. E' stato allora che davanti al ripiano con alcuni vini di Valentini mi sono fermato di colpo aguzzando le narici, irrigidito. Fermo lo sguardo su una bottiglia di Montepulciano 1995, la prendo con delicatezza dalla posizione coricata e inizio ad esaminarla.
Il livello era appena sotto il collo, niente di grave, è un vino del '95 mi dico, forse cercando alibi.
La capsula sopra al tappo non era umida ma mettendo il naso proprio alla sua altezza, era evidente il sentore di vino che fuoriusciva proprio da quella bottiglia. Preoccupato decido di aprirla e penso subito con dispiacere di dover dar ragione statistica alle argomentazioni dei pochi critici verso questo produttore.
Il tappo è sano ed esce intatto, ma è praticamente tutto bagnato ed è indubbio che il vino fosse riuscito ad arrivare ormai quasi alla sommmità del sughero. Spinto dalla carbonica. Così decido di stappare e lo verso nel bicchierone: il colore non mostra stranezze ma non mi basta.
Nonostante con questo produttore sia consigliata un'apertura in grande anticipo per aerare il vino e quindi sia meglio attendere prima di assaggiarlo, vista la situazione particolare metto subito il naso dentro al bicchiere, paventando il peggio. Sento profumi di frutta scura, more, carne affumicata, niente difetti o ossidazione. Allora lo assaggio, più ottimista e rinfrancato dai profumi e anche qui trovo i connotati di un bel vino dalla presenza seria, diretta, ma elegante al tempo stesso, senza la senzazione di "frizzante" di cui si narra. Tiro un sospiro di sollievo e lascio la bottiglia a riposare per qualche ora, in attesa della cena. Dopo quattro ore al naso il vino era cambiato parecchio, mantenendo solo il sentore di more alle quali si erano aggiunte erbe aromatiche e balsamiche, timo e menta, poi un netto profumo d'incenso e una forte presenza di liquirizia. Per alcuni versi mi ha ricordato alcuni pinot noir di Cote de Nuits invecchiati e mi è venuto in mente il vecchie vigne di Ponsot.
Al contatto poi con il palato il vino scivola lasciando una sensazione di forza gentile, colonizzando col suo sapore ogni parte della bocca, pulito e arrotondato, i tannini sono ben integrati e "pungono" appena, la persistenza è lunga e riporta alla mente il profilo aromatico di frutto ed erbe balsamiche. Abbinato ad una nuova facile ricetta di spiedini d'agnello è stato perfetto.
Di proposito ho voluto conservare un bicchiere per il giorno successivo e alla prova era ancora vivo, solo in bocca aveva perso un po' di grip, ma non vi era ossidazione.
Insomma, poche parole ed elogi che il maestro Edoardo Valentini non ne ha mai avuto bisogno.
Un grande vino e un grande grazie a chi lo ha fatto.


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