24 maggio 2011

HAPPY BIRTHDAY BOB



Non mi interessa la celebrazione dei 70 anni di Robert Allen Zimmermann come uno scontato epitaffio in vita, con tutte le ovvietà sociologiche che si possono attribuire ai testi e alle canzoni di Bob Dylan. Immagino che tanto ne parleranno tutti i giornali e la cifra tonda del compleanno poi rende più celebrativa la torta mediatica; sarà la forza oscura dei numeri con lo zero in fondo.
Solo un pensiero personale, in attesa di vederlo dal vivo a Milano il 22 giugno.

Nei ricordi giovanili (e non) di ognuno di noi, vi è una canzone legata ad un momento particolare, spesso ad un grande amoretto o ad un Amore vero.
Non sempre quelle canzoni rappresentano il proprio gusto musicale, a volte sono diventate testimonial involontarie e casuali di nostri frammenti di vita. Ad esempio ho un caro amico intergralista del rock duro che per tutta la vita sarà legato ad una canzone di Lucio Dalla (Stella di mare), solo perchè è stata la canzone che usciva dalla radio in sala parto mentre nasceva sua figlia. Casualità sonore, anche se la bimba non si è chiamata Stella, come quella canzone, ma Jessica (Allmann Brothers Band).
Però capita, quando possiamo pilotare direttamente la scelta della colonna sonora di un istante, che cerchiamo di scegliere le canzoni e gli artisti del cuore.
Personalmente ho molte "canzoni momento", che fanno da connessione mentale a periodi della vita, vacanze, ex fidanzate adolescenziali, amici, località. Persino ad uno dei miei cani.
Chiaramente sono un dannato musicadipendente, amo fruirne non solo dal punto auditivo, perchè per me la musica ha una funzione curativa, filosofica, culturale o più semplicemente vitale.
Per riassumere al massimo la mia esperienza personale con Bob Dylan, dico che lo considero un padre adottivo, a sua insaputa logicamente.
Infatti di tutte le canzoni che mi ricordano qualcosa del passato, solo quelle di Dylan possiedono un "affetto", un'aura di sacralità di testa e di rispetto a prescindere, come se i momenti che la sua musica mi evoca siano "più momenti" di altri, per me sicuramente più familiari.

Happy birthday Bobby dad, one of us must know (sooner or later).

7 maggio 2011

DELLE SCALE E DEI PUNTEGGI

Oltre al prezzo, pare che per molti vinofili, siano soprattutto i punteggi ad avere importanza nel giudicare un vino.
Riporto qui, su richiesta di un caro amico, una codificazione scherzosa che scrissi qualche tempo fa.

SCALA A CHIOCCIOLA
Utilizzata da quelli che dicono a voce alta il punteggio dopo 6 secondi, poi si incartano, ci ripensano, riconsiderano e a fine commento dicono, comunque e sempre, che quel vino lo hanno bevuto in una forma migliore.

SCALA REALE
dall’inglese Definitive Royal Classification, parte direttamente dai 97 punti e dai 500 € a bottiglia.
La utilizzano gli adoratori del cavatappi di platino con le impronte di Napoleone Orso Capone. Il punteggio e le note sono secretati dallo Stato, anzi dallo status.

SCALA TRINCHETTO
utilizzata dopo la dodicesima bottiglia di amarone (patriglioni, es, sfursat) in 4 persone. E’ una scala che esula dalle banalità poetiche come descrittori e analogie elaborate, quel che conta è l’alcol, la densità e lo sugar. Le valutazioni si misurano in gradi e in lunghezza della risata post sorso.

SCALA MELECCHI
Utilizzata da chi quel vino lo produce, o lo vende o lo commercia o lo specula o ne ha in cantina a bancali e non sa come mazzo piazzarlo. I vini valutati con questa scala hanno sempre qualcosa di positivo.
La misurazione si fa in lotti, più recentemente, in sconti.

SCALANZA
Visioni mistiche e descrittori geneticamente modificati sono la prosa che accompagna il punteggio dato con questa scala. E’ così rivoluzionaria e visionaria che spesso non c’è nemmeno bisogno di averlo bevuto quel determinato vino. Ci si cala, nella parte, s’intende.

SCALAME
Approvata dal sito di Think Oink - http://www.think-oink.com - e utilizzata dai degustatori un po' rustici e materialoni. Si prende un salame di suino e lo si inizia ad affettare mentre si beve la bottiglia. Se finisce prima il salame, il vino è una porcata, viceversa trattasi di un vino da suigno (il sogno del porcello). I toscani che utilizzano questa scala quando giudicano davvero molto buono il vino, usano proferire il commento "la maiala di sù ma'", riferendosi con ammirazione alla vigna e alla terra che lo ha generato.

SCALA ASPETTANDO GUGOL
Utilizzata da chi prima di esprimere e formulare il proprio giudizio, si va a leggere sul motore di ricerca tutte le note e degustazioni presenti online. Solo dopo, darà lo stesso giudizio dato dalla maggioranza e dai critici più autorevoli.

SCALA XKE' CMQ TVTB
Per i degustatori più giovani, usa uno slang moderno e di grande sintesi di comunicazione.
Si avvale di tre semplici termini in uso alla gioventù odierna: "scialla" se il vino è buono, "scazza" se non convince del tutto e "sclera" se non è buono. Per i produttori preferiti viene aggiunta, come fosse una lode, l'espressione "che storia!".

5 maggio 2011

LA PRIMA BOCCIA NON SI SCORDA MAI


Ci sono state varie "prime volte" nella mia storia enologica, tante quanti gli innamoramenti per le differenti zone e tipologie che scoprivo e che persino recentemente ogni tanto scopro. Ma se devo decidere l'inizio assoluto, questo è il ricordo.
Quando era con noi sulla terra, mio zio aveva un ristorante, che prima era stata l'osteria di suo padre, mio nonno. Ai tempi avevo 21 anni e lavoravo come dj, ma quella sera avevo scambiato il servizio con l'altro collega, perchè ero miracolosamente riuscito ad ottenere l'appuntamento agognato con una coetanea molto bella e ai tempi per me speciale. Prima di andare a prenderla, siccome con mio zio avevo un rapporto da fratello minore/fratello maggiore, decido di fare un salto al ristorante per salutarlo e per raccontargli orgogliosamente della serata che mi aspettava. Entro nel locale, mi vede e mi viene incontro da un tavolo di suoi amici con in mano un baloon di rosso e mi dice di assaggiare. Avevo già condiviso qualche bottiglia, soprattutto piemontese, con lui e gli adulti di casa.
Ma quella sera è stato il momento.
Fin da quando il naso si è avvicinato al bicchiere, ho sentito una scossa, il Vino era entrato in me. Ricordo di avere appena balbettato qualcosa sulla scoperta che stavano facendo i miei sensi. Non gli ho nemmeno accennato alla ragazza che mi attendeva.
Sono uscito dal ristorante in uno stato di euforia e confusione totale. Così, anche per buona parte della serata (un innocente giro in macchina, passeggiata sul lungolago, gelato), non mi riusciva proprio di staccare il pensiero dal vino bevuto, come una stregoneria, paradossale e assurda.
Dopo settimane di strategie e corteggiamento non sembrava importarmi molto di essere vicino a quella ragazza bellissima. Pian piano infatti lei iniziò a rendersi conto che ero distante e per magia i ruoli cambiarono ed iniziò velatamente a corteggiarmi, probabilmente sfidata dal mio essere sovrappensiero. A quel punto, per fortuna, il pensiero fisso del vino-pozione si allontanò un po' dalla mia testa e passammo un fine serata piacevole.
Ma credo che se mio zio non mi avesse fatto assaggiare quel Chateau Lafite 1961, la serata non sarebbe finita allo stesso modo e non avrei vissuto quella sera un primo grande amore, in entrambi i sensi.
Forse senza questo episodio non mi emozionerei, oggi e sempre, per un vino che esce dal banale per mischiarsi ai ricordi belli della vita.

1 maggio 2011

SEX AND WINE (and rock'n'roll*)



Il titolo non c'entra col fare zum zum da ubriachi.
Anche se le disinibizioni van d'accordo con l'alcool.
Capita spesso di usare gli aggettivi femminile e maschile riferiti ad un vino, un vitigno o una tipologia intera.
E' ovviamente solo un modo per rendere a parole una sensazione olfattiva e del palato che si riferisce in buona parte ad alcuni stereotipi dei due sessi, ma anche ad una loro essenza, apparente o ipotizzata che sia.
Un vino "femminile" sarà facilmente quello che offre profumi floreali, delicati, esotici, fruttini dolci tutti molto stratificati e definiti nella pulizia; il suo tatto al palato sarà carezzevole, morbido, cremoso, con una piacevolezza immediata. Diversamente i vini "maschili" emanano sentori di radici, di erbe forti, di tabacco, pietra, spezie, frutto spiritato e la sensazione che si prova in bocca è quella di irruenza mista a durezza, perchè oltre alla presenza di più alcool c'è più tannino (sostanza contenuta nella buccia di un acino) contenuto in quel vitigno (e per la scelta di vinificazione).
Fino a qui sembra abbastanza banale, ma ci può essere una lettura più approfondita e forse più reale della superficie.
Un vino femminile non è soltanto un vino delicato poichè ci sono vini di struttura notevole che di esile hanno ben poco e sono invece tanto femminili da sembrare una Madre. Eppure nel timbro dei profumi e nella sostanza che accarezza il palato vi sono tratti assimilabili ad atout estetici e comportamentali più evidenti e presenti nelle donne.

Con un bel po' di generalizzazione sui vari vitigni e la loro "accostabilità sessuale", il simbolo della maschilità potrebbe essere il nebbiolo, i barolo soprattutto, mentre il pinot noir (quello di Borgogna meglio di ogni altro) si identifica maggiormente con la femminilità.
Sempre a stare in superfice, però, perchè ci sono persino dei barolo di grazia ed eleganza femminile e viceversa ho bevuto dei pinot noir nerboruti e diretti come un pugile.
Insomma, solo un giochino con le definizioni, come dire che Parigi è più femmina di Milano.
Può essere soltanto una facile chiave di decodificazione sensoriale, ma esistono di fatto tante eccezioni in bottiglia, che confermeranno anche la regola ma ne minano il valore assoluto.
Forse in un vino, più che nell'essere umano, maschile e femminile possono coesistere unendo forze e caratteristiche preminenti per raggiungere la perfezione enologica, cioè quei vini che hanno tanto di tutto e che nessuna bevanda mai bevuta può superarne il piacere. Qualche volta capita, mi è capitato, di trovare nel bicchiere qualcosa di perfetto, a prescindere da critica specializzata, classifiche di tipologia e punteggismi in centesimi. Sono state quelle bottiglie che hanno raggiunto un personale giudizio estremamente positivo grazie alle loro caratteristiche e virtù.
Non potrei dire, nemmeno con palate di generalizzazione, se fossero però vini maschi o femmine. Impossibile scindere e proporzionare razionalmente la loro "preminenza sessuale" senza rompere l'equilibrio stesso del vino, il suo valore.
Basta qui.
Se si vuole leggere la speranza utopistica di una miglior convivenza anche tra esseri umani di sesso opposto o riferimenti a cose e persone realmente esistenti, non sono volute.
Perchè nelle persone e nella vita, diversamente dalla vite, ci sono tanti distinguo e forse meno coerenza; da un po' di tempo c'è anche meno natura.

* "and rock'n'roll" c'entra soltanto perchè ho scritto il post ascoltando una raccolta dei Creedence Clearwater Revival in sottofondo. Magari è "musica da maschi"; importa niente, non toccatemi i CCR.