19 settembre 2008

DUE PASSI IN BORGOGNA II


La striscia dei 60 chilometri scarsi che va da Fixin verso sud è un irreale susseguirsi di piccoli paesini dove non mancano mai una chiesa e un'enoteca.Uno dei miei preferiti è Gevrey-Chambertin, con la sua chiesa austera, le viuzze, ordinate, colorate e sobrie. Sobrietà di borgogna, in ogni sguardo intorno.Non ero mai stato dal Domaine Herestzyn, ma da qualche anno apprezzavo le loro bottiglie. Quindi, incuriosito anche dal cognome poco francese, prima di visitarli mi ero informato un po' in rete sulla loro storia. Jan Herestzyn, il fondatore, è di origini polacche si fermò in borgogna negli anni '30, con il sogno di diventare vigneron.

Nel 1959 nasce il Domaine che conta ora di diverse parcelle di 1er cru a Gevrey-Chambertin, a Chambolle-musigny "les Bas doigts" "e a Morey dove producono il prestigioso Grand Cru Clos St.Denis. In borgogna è sempre tutto complicato da quanto continuo ad apprendere. Ci sono produttori che sulle bottiglie hanno nome e AOC di un paese ma magari hanno le cantine in un altro, quindi, mi dicono amici "tecnici" con conseguente influenza dei lieviti. Comunque mi piace che siano complicati questi vignerons, è un motivo in più per bere, assaggiare per provare a capire. Empiricamente gaudenti.

Il domaine Herestzyn è a Gevrey-Chambertin in rue Richebourg, dietro il cancello di una bella casa, con un curatissimo giardino fiorito e tracce di bimbi piccoli attorno. Avevo avvisato solo pochi giorni prima ma la signora (credo di aver capito il nome Florence, ma non ci scommetto) ci accoglie con semplicità. Quando poi capisce che a parte provare i vini, non vorremmo andar via a mani vuote, l'accoglienza diventa eccellente. Sobri ma ottimi affaristi les bouguignonnes. Compare un frugale piattino con del formaggio ed "entriamo in simpatia", mentre versa i vini ci racconta la loro passione, con un evidente sentimento di umile fierezza, racconta l'origine polacca del nome e ricorda la storia del fondatore. Inizia offrendoci un paio di 2005, che centellina con attenzione, tra i quali uno straordinario village V.V., alla cieca può essere scambiato almeno per un 1er cru, intenso e ricco, con una persistenza oltre l'orizzonte.Poi i 2006, non tutti, solo il Gevrey base, il buonissimo 1er les Goulots, e un eccellente 1er cru di Morey, les Milandes. Il Clos St.Denis 2005 invece, me lo porto via "al buio", ma non troppo, insieme ad un 2002, sotto promessa però di aspettare qualche anno per berli. Ho detto di si, con le gambe incrociate.

Generalizzando, con qualche ricordo di altre loro bottiglie bevute in precedenza, trovo siano vini di carattere forte, immediati, che danno soddisfazione a chi cerca vini pieni, longevi; nello specifico i 2005 ma anche i 2006 hanno una complessità ancora seminascosta dalla giovane età, ma che sono certo uscirà fuori.Non sono vini da bere giovani, questo ci è stato proprio raccomandato e concordo.Penso che Herestzyn abbia uno stile senza compromessi, vini "croccanti" e "abbondanti" con materia ricca ben estratta, prodotti puliti, con alcol presente ma ben dominato.Un nome non ancora molto noto, ma che credo sia già piuttosto interessante anche per il rapporto qualità/prezzo dei suoi vini.

16 settembre 2008

DUE PASSI IN BORGOGNA


Dopo un periodo di assenza, quest'estate ho ripetuto il "pellegrinaggio" verso la Cote d'Or. Fortunatamente non ho trovato grandi cambiamenti, la fotografia non si è mossa.I ristoranti e i bistrot dove mi piace passare il tempo insieme al vino sono ancora al loro posto, sorridenti ed invitanti. Ho preso qualche appuntamento sparso, il periodo non è tra i più favorevoli, parecchi domaines famosi sono "chiusi per vendemmia" e ricevono solo con particolare preavviso.

Grazie all'interessamento dell'importatore, passo da Joseph Voillot, grande punto di riferimento per Volnay e Pommard. In attesa dell'arrivo di Jean Pierre Charlot, enologo e deus attuale di tutti i vini, parlo con un simpatico vecchietto che mi invita ad entrare.
Dopo qualche minuto capisco che il "vecchietto" è Joseph Voillot, il nome sull'etichetta del vino insomma, il quale inizia a raccontarmi i suoi vini. E' gentilissimo, appassionato e gli piace molto aprire vecchie bottiglie e far assaggiare tutta la produzione recente, asssaggi da botte compresi.
Ho visitato in passato il Domaine De Montille con il vecchio Hubert come guida, ed era stata un'esperienza straordinaria, molto più incentrata sulla personalità eccezionale del fondatore che parla delle sue "creature" in bottiglia; con Voillot è l'opposto, uomo più schivo, è sempre il vino il protagonista, è "lui" a parlare tramite il suo creatore. Tra l'altro sono da sempre un amante di Pommard e Volnay per i vini così diversi tra loro, ma così emblematici delle diverse potenzialità ed espressività del pinot noir e anche per il costo dei 1er cru di Beaune, spesso più abbordabile dei G.C. del nord della Cote.

La cortesia e l'accoglienza di Voillot sono state perfette, pari ai suoi vecchi grandi vini (les Rugiens 1976, un incanto). I 2006 mi sono piaciuti in generale, in particolare un generoso ed elegante Pezerolles, il solito maestoso e burbero da giovane Rugiens e un Fremiets sinuoso al palato. Ho trovato i 2006 un po' più disponibili ed immediati dei vini della celebrata e speculata annata 2005. Probabilmente ne perderà la complessità che il tempo regala al vino, ma essendo pinot noir sarà un millesimo potenzialemte piacevole fin da giovane, con vini lisci, lineari e freschi.
Anche i 2007 mi sono sembrati già abbastanza leggibili, forse in alcuni casi i crus sono un po' simili tra loro olfattivamente, certamente più per la giovinezza che per una mancanza di personalità. Ricordo però un Epenots gourmand, tondo e preciso come un compasso. Dalla botte escono vini già abbastanza addomesticati, anche al palato, cosa che con i Pommard giovani è spesso difficile. Azzardo quindi il pensiero che i 2007 saranno pronti come i 2006 ma forse, generalizzando a causa del clima, temo che questo sarà il trend del futuro un po' ovunque nel mondovino.

Il fatto che mi ha colpito di tutti i vini provati da Voillot, a parte la brillantezza e piacere cromatco della tonalità di rubino, è lo stile comune, un marchio di fabbrica immediatamente percepibile, grazie all'eccezionale continuità/evoluzione con Jean Pierre Charlot in cantina.
In sostanza il famoso manico che insieme al terroir, rende speciali e riconoscibili i grandi produttori e i loro vini.Sono uscito dopo due ore con un sorriso che suonava allegro sulla faccia e qualche ricordo sotto braccio.

12 settembre 2008

BOTTIGLIE FELICI

Un po' di emozioni in bottiglia.

Sori Tildin 1993 Gaja
Colore da manuale del tifoso del toro, granata acceso, guizzante di rubino scuro. I profumi non colonizzano il raggio di 1 metro dal bicchiere, come altre volte mi è capitato. Si sente il frutto scuro, la liquirizia "tiepida", come una crema al naso, questa è stata la sensazione. Piacevole, ma purtroppo non mutevole, nel profumo non c'è vento, "l'immagine olfattiva", bellissima, resta ferma. Al palato piaciuto di più, si capisce che è roba importante, avvolge che è davvero un piacere, nasce anche una ciliegia sotto tartufo notevole. Visto che è Gaja e bisogna per forza sfruculiare...lo aspettavo un filinino più intenso di persistenza. Chiude dissolvendo dolce dopo un paio di minuti. Bevibilità alta.

Cornas 1996 - Clape
Da non credere il rosso porpora del colore, in fondo undici anni qualche ruga cromatica...niente de rien. Rosso e pure vivo. Pensando alle identificazioni olfattive mentre lo bevevo, in questo caso, non credo ci siano grandi discordanze. Oliva nella zona di Cornas si pronuncia Clape. Quasi come il suono dell'applauso. Infatti. Anche un bel contorno di pepe, carne di volatile al sangue, erbe balsamiche, poca cipria. Buono e succoso il gusto, ancora pieno di frutto, sembra davvero al suo Punto G., (Giusto, Good, God, Godimento...). Un filo di volume e complessità maggiore in bocca non mi sarebbe dispiaciuta, anche se è un vino d'equilibrio seppur di seduzione e forse più di pelle che di testa. Bevibilità altina parecchio.

Barbaresco ris. Montestefano 1999 - Produttori di Barbaresco
Vino molto mobile e godibile da ora, penso potrà durare ancora molto, forse acquisire complessità al naso, anche se non vorrei perdesse quella viola, quel roseto carnoso e quella menta che faceva capolino dopo 3 ore. In bocca è equilibrato già ora, anche se il tannino vibra, a me piacciono così i nebbiolo. Nè troppo giovani nè troppo vecchi. Di sicuro, bevendo i vini dei produttori da vent'anni abbondanti, consiglio sempre l'apertura molto anticipata, almeno 3 ore prima.

Brunello riserva 2001 Canalicchio - Franco Pacenti
Pacenti conferma una bevibilità straordinaria e profumi netti di amarena, timo, terra, cuoio, davvero molto puliti e intensi, grande naso. Forse solo in bocca è ancora duretto come acidità, qualche anno di bottiglia spero gli darà quella souplesse che lo renderà davvero grandissimo. Già ora ha un finale lunghissimo...