10 ottobre 2011

VERSO NORD


Due ricordi di quando ero bambino.
Primo. A scuola mi piaceva molto la geografia, passavo ore a guardare le mappe, quelle storiche con tutti i confini delle nazioni e le loro aree colorate che cambiavano dimensione dopo le guerre, attraverso i decenni.
Ma soprattutto mi incuriosivano quelle cartine in cui i confini segnati non erano quelli politici, ma le parti colorate si riferivano al tipo di coltura e di materie prime presenti: mi divertivo a cercare i simbolini delle miniere d'oro, quelli delle pannocchie, del grano, dell'uva e mi colpiva osservare quella specie di confine naturale, come una linea Maginot che delimitava la latitudine dove crescevano la vite e l'ulivo. Ricordo che "il confine" dell'ulivo in Europa si fermava molto più a sud di quello del vino che invece sconfinava le Alpi ed arrivava fino ai confini nord della Francia, in Alsazia.

Secondo. Un'altra passione che avevo da ragazzino era guardare la pagina delle previsioni atmosferiche sul quotidiano, in particolare mi piaceva "viaggiare" con la fantasia leggendo la colonnina delle temperature massime e minime delle città del mondo. Forse lo facevo per consolarmi fantasticando viaggi in zone calde quando dove abitavo (nord Italia), faceva invece un freddo cane.
C'erano nomi a me sconosciuti, città lontane in cui le temperature erano sopra i 30° anche quando a casa mia nevicava e viceversa, durante le mie estati afose, vi era sempre nel mondo almeno una città in cui la colonnina di mercurio scendeva verso il freddo, anche di parecchio.
E' da più di una settimana che sto facendo questo stesso "giochino" ma nessuna delle città al mondo è ancora scesa sotto zero.

Si legge ormai spesso che a causa dei cambiamenti, climatici il confine per la coltivazione dell'ulivo si sia spostato un bel po' verso nord, in Italia persino in zone collinari e prealpine, gratificando con la possibilità di fare l'olio anche alcune aree dove un tempo c'erano solo mais e castagne (ad esempio in Piemonte coltivare l'ulivo sta diventando diffuso e redditizio).
La vite poi ha iniziato da parecchi anni un trasloco "naturale", spingendosi addirittura fino in Inghilterra, dove un tempo sarebbe stato impensabile coltivarla.

Non voglio cavalcare qui alcun allarmismo, nè schierarmi a difesa della terra, della tradizione o della storia, perchè tanto, se il processo di cambiamento del pianeta è già avviato non credo si possa fare molto, soprattutto se i governi delle grandi nazioni (quelle con i confini sempre uguali sulle mappe) si ostinano a non prendere alcuna decisone di fronte agli allarmanti studi scientifici e ambientali.
Alla fine, questo post è solo un breve viaggio nei miei ricordi di bambino.
Sto pensando anche se non convenga fare un piccolo investimento e acquistare terra in alcune lande oggi semi desertiche del nord Europa, nell'ottica di produrre un giorno -nemmeno molto lontano- l'olio extra vergine del Fiordo e il Brunello di Copenaghen.


2 commenti:

Daria ha detto...

Non ho mica capito il bambino della foto cosa c'entra... Sei forse tu???
Mi vien da dire che hai detto cose tristi e anche ovvie ma sembra che nessuno vi dia molto peso... i maya forse invece sì che ci avevano visto giusto...

Melmo Staff ha detto...

Ok per il pezzo di terra in nord europa, magari con annessa Osteria.
Facciamo 50 e 50 ?
Su una cosa sono irremovibile: la parobola sul tetto per vedere la Lazio...;-)
Saluti,
Marco.