20 novembre 2006

VITI D'OGGI



A parte il giochino del titolo, bisogna riconoscere ai manager del vino l'applicazione di una sapiente strategia basata su seduzione ed esclusività (sia qualitativa che esibizio-edonistica). Aver creato negli ultimi 10/15 anni una specie di "privè" delle etichette blasonate significa fare ciò che i francesi da tempo ben sanno, ovvero conferire una forte riconoscibilità e un grande contorno mediatico per rendere Miti alcune viti. Del resto proprio i francesi, nel vino e in vari campi applicano il potere della seduzione anche estetica ed emotiva, utilizzando in toto la star-strategy del buon Jacques Seguela, pubblicitario (pensate al fascino e all'apparire di una fromagerie d'oltralpe paragonata a un nostro banco dei formaggi).
Quindi, da un po' di anni, anche in Italia sono stati creati e idolatrati brand, marchi, zone culto (basta andare a Bolgheri, tutto è vino), ma solo per alzare il valore anzi, la valuta, delle bottiglie. D'altronde è un fatto che parecchi vini aumentino il loro prezzo dal 10% fino al 25% in appena un paio d'anni; chi mi sa dire di un'altra rendita simile?
Purtroppo è in gran parte un'operazione di trucco, fornire al vino veste, buoni media, testimonials, eventi, in una gestione di business quasi sfacciato. Tutti hanno un ruolo e c'è un vino per tutti.
Temo che tutto questo possa stufare, wine bar di qui, degustazioni di là, tutto molto glam ma non altrettanto cult. Perchè alla fine si intuisce che tutta l'operazione si riduce solo a creare vini adatti a spuntare una valutazione alta dai vari critici o guide e lievitare di prezzo. Fine.
Con la conseguenza pratica che, come errato esempio (falsa imago direbbe il buon Roland), in tanti si mettono a fare vini molto simili tra loro, imitatori del Mito x o y e che costano più di 50€.
Vini con molto corpo ma senza anima, il body building del vino, corazzato di legno nuovo.
Perchè il Vendere è più importante che spiegare, narrare, affascinare.
Quanto manca un Luigi Veronelli, anche se prosegue con succcesso Critical Book & Wine (a Milano al Leoncavallo dal 17 al 19 novembre) e in tanti sosteniamo la sua proposta di far esporre dalle aziende sull'etichetta il prezzo di partenza, come per un libro. Per seguirne quindi le virtuosistiche evoluzioni economiche nel tempo.
Ripeto, a naso tutto questo spingere ed esaltare il vino/finanza mi puzza di solfiti, forse per i motivi demoniaci che spingono l'essere umano a diffidare quando viene trattato troppo da "consumatore"; ma attenzione, quando nascono i dubbi a volte ci si stanca.
Per quanto mi riguarda continuerò ad amare il vino, la sua storia, persino le etichette e covo la speranza di trovare tra qualche anno tante chicche invendute a prezzo diminuito (già su ebay si fanno certi affaroni). E se invece altre persone, passata la moda enologica, lasceranno tante altre bottiglie sugli scaffali?
Sempre più "consumatori" hanno capito che molte enoteche e rappresentanti e anche qualche azienda, marciano un po' con i prezzi, e presto diranno " ...chissenefrega del merlot in purezza barricato in botti di rovere di Slavonia, dammi il barbera da 7 €, anzi meglio, una cassa di birra...".

2 commenti:

alala ha detto...

Ma sa che scrive veramente bene Sig.Oste. Dice delle grandi verità come il vino in fin dei conti.

Anonimo ha detto...

e poi quando sei nelle eneoteche sappiamo tuti che cercano di disfarsi delle annate meno buone e dei findi di magazzino che loro hanno comunque rivalutato del 100%.
Bisogna comprare direttamente dalle aziende dopo averlo provato il vino!! Tra poco ci sarà cantine aperte e tutti a bere! ciao