30 settembre 2007

AGNELLO E CABERNET


Il menu comprendeva salumi di apertura, poi tortino di risotto e costolette scottadito speziate e piccanti con piccolo pesto di menta e pinoli, Dopodichè un Gigot d’agneau (coscio d’agnello) al forno con patate cotte nel suo grasso. E formaggi a pasta molle francesi (brie e camembert di chevre). Insomma con la solita scusa dell’abbinamento, abbiamo aperto una sontuosa batteria di vini della Gironda, altresì definiti bordolesi.

Più che cabernet come nel titolo impreciso, ci siamo bevuti la formule, ovvero quella sapiente e secolare abilità nel "mescolare" vitigni diversi, anche opposti per caratteristiche ma complementari. Quindi cabernet sauvignon in grande prevalenza, in mix con merlot, cabernet franc e a volte anche con il petit verdot.
Pauillac e Pessac-Leognan le due denomination degnamente rappresentate nella degustazione, la prima la più nobile, geograficamente più settentrionale e nota proprio per vini austeri, “seri”, a grande percentuale di cabernet sauvignon. I Pessac-Lèognan invece meno classè di blasone e con una percentuale di merlot spesso più elevata, da qui la suadenza che li caratterizza. Le caratteristiche infatti sono venute fuori nette, precise, inflessibili.
Il classico profumo di frutto scuro, di affumicato, scatola di sigari (soprattutto i Pauillac), di sentori balsamici e speziati. Secondo me in un grande bordeaux si trova sempre l'assenza di inutili frivolezze e superfluità.
Fa poi un notevole effetto leggere gradazioni non superiori ai 13° per così tanta "materia". Oltre alla famosa capacità di invecchiare decenni e di dare il meglio di sé proprio con lungo invecchiamento in bottiglia.
E' difficile descrivere i profumi balsamici sfaccettati del Mouton - Rothschild '89, campione della giornata, senza rischiare un mera sfilza di descrittori, che quando vengono letti, sembrano un elenco. Mentre quando si rivelano al naso, si capisce che seguono un'invisibile "sintassi" e "grammatica" del vino. Se sono buoni, e questi lo erano tutti, a loro modo e livello, ci si trova in bocca la storia del vino, immutabile da secoli, ma mutevole nel bicchiere.
Chapeau, n'est pas?

Le prodezze della giornata per me sono stati il naso tridimensionale all'ennesima potenza del Mouton, con quell'interminabile profumo di menta candita e una bocca suadente e ancora "giovane" nel tannino.. Al secondo posto la piacevolezza assoluta sia di profumi che di bocca nell’Haut Brion, meno dinamico degli altri ma seducente e probabilmente più equilibrato di tutti, con un po' di intensità in più sarebbe stato il più buono....Poi il sigaro del Lafite, peccato per la bocca non dolce nella trama, come spesso mi è capitato, questo chiude amarognolo e poco espansivo, forse ancora indietro. A prescindere dalle annate (questo '94 era praticamente un cabernet in purezza), però ha una bevibilità alla goccia.

Un Latour in piccolo il Pichon Longueville Baron e bella sorpresa il Pape Clement, che non bevevo da una vita, classico, preciso, solo un pelo di animalità di troppo per il mio gusto.
Furoi dalla Gironda poi, finalmente, il primo Alceo, bordolese di Greve in Chianti, che mi è piaciuto e parecchio, dopo altre tre volte ('98 - '99) meno fortunate. Nessun timore di fronte ai suoi "ispiratori", lungo, pulito ed elegante. Molto buono.
Che meraviglia infine lo champagne Vecchie Vigne di Egly Ouriet che riesce ad accendere il palato anche alla fine di una bevuta come questa.
Oltre ad un Chatau Montrose 1982, purtroppo difettata, ecco la lista completa, con la media dei punteggi dati dagli altri presenti :


Champagne '02 Chauvet 85/100

Cabernet Sauvignon 1998 Mondavi – Napa Valley 80/100
Chateau Haut-Bailly 1995 – Graves 85/100
Chateau Pape Clément 1995 - Péssac-Leognan 91/100
Chateau Lafite- Rothschild 1994 - Pauillac 91/100

Chateau Haut-Brion 1994 - Péssac-Leognan 93/100
Chateau Mouton –Rotschild 1989 - Pauillac
95/100
Ch. Pichon-Longueville Baron 1998 - Pauillac
92/100
Vigna d'Alceo 1997 Castello dei Rampolla - Greve in Chianti 91/100

Champagne v.v. Les crayères Egly-Ouriet ) 91+/100


...the lamb lies down on...Bordeaux (Genesis)

25 settembre 2007

COMPLEANNO


Resoconto del pranzo di festeggiamento, durante il quale, tra amici appassionati (Antonio ha beccato tre rossi su 5, apperò...), tra varie e cibarie, piccoli futuri bevitori urlanti si è bevuto, dopo un paio di bolle autoctone, direi bene:

Bianco Riserva 1999 - Villa Bucci, bevuto spesso, ha indipendentemente dai bonus della grande annata, uno stile ed un'identità estremamente coerente. Questo forse solo un po' reticente al naso, pur minerale e sapido, aveva un'acidità molto equilibrata, classe più che materia. Tre bicchieri.

Puligny-Montrachet 2002 - Leflaive - Manuale dello chardonnay, primo capitolo. Un'amica mezza astemia ha detto "sa di torroncino". Bingo?

Reserva las Hormigas 1997 - Altos - lo pensavo di riscaldamento, giusto per accompagnare il racconti d'Argentina, invece un figurone. Si sente ancora un filo di legno, ma che bell'equilibrio tra acidità e morbidezza. Malbec in purezza. Due bicchieri pieni.

Brunello 2000 - Poggio di Sotto - annata minore? ma il godimento è sempre quello. Freschezza, frutto, terra e alcol in armonia esplosiva. Tutto perfetto in un pugno, tutto in un uomo. Grazie Palmucci per il piacere che ci dai da bere. Tre bicchieri, alla faccia dell'annata.

Barolo 1990 - Francesco Rinaldi - Quello che mi piace di un nebbiolo semplice. ed invecchiato Serio, netto, franco.

Clos de la Roche 1999 - Armand Rousseau questa volta questo gran cru mi è piaciuto. Finora per le poche annate provate, sia di Rousseau che di altri produttori, non mi aveva sconvolto. Questo anche se si sente che ha ancora davanti un gran numero di anni/potenziale è davvero buono. Non è esile, è equilibrato. Il fruttino, la lavanda non invadono mai, armonia. In bocca è giovane ma dal tannino setoso, grande freschezza e persistenza.

Barbaresco Gaiun Martinenga 1983 - Cisa Asinari, ancora vivo, nonostante il color granata, terziarizzato benissimo, con complessità e cannella, anche profumi di frutto sotto spirito. Ancora bella l'acidità, piacevole l'alcol e la persistenza. Ricordo un '80 ma soprattutto un 1982 buonissimo di questo storico cru che credo sia un monopole. Ho saputo che sta tornando ai grandi livelli, per me quello è il suo posto.

Dettori Romangia 2000 strano davvero. Il meno identificabile, profumi un po' troppo avanti per l'annata, leggera ossidazione. Mentre in bocca è esplosivo, grazie anche ai 16,5° di alcol, anche troppo, però è molto piacevole nella sua "naturalità" ma non pulitissimo. Finale interminabile. Da amarone. c'era anche un grandissimo Riesling Spatlese 1979 ma il nome non lo ricordo proprio, aveva un'aquila leggermente inquitante in etichetta e il colore era quello dell'oro antico.

Grazie a tutti gli amici per la bellissima giornata.

6 settembre 2007

ARGENTINA EMOZIONI E VINO


Salta, la linda.
I colori delle vie, semplici anche da girare, las cuadras.
La piazza cuadrada anche lei, dove si guatano la solenne cattedrale e l’antico ispanico palazzo del gobierno.
La città ha quell’orgoglioso senso di estacionamento, di luogo di piacevole attesa verso le escursioni, le quebradas, la Puna, le Ande, quelle vere, Cafayate e poi, per l’onore del blog, la ruta del vino, il regno del vitigno Malbec.
Tutto è semplice se si “prende” il ritmo salteno. I primi giorni devi scrollarti l’imperativo occidentale dell’orologio, lasciarti andare alle sublimi empanadas, alla birretta fresca, al tempo giusto per fare le cose anche in vacanza.
Consiglio davvero un giro in quella parte di Argentina meno nota e modista, però accogliente, dolce ed essenziale. Lo stile delle sue montagne, dei passi e delle facce dei suoi abitanti. Attraverso
www.socompa.com si possono trovare contatti e info più precise. Girare con la guida di Fabrizio tra quei luoghi significa andare alla ricerca della forza fisica della natura e di scenari di montagna diversi da quelli europei. C'è anche il vantaggio di fare soste interessanti, sotto forma di asados, vini di carattere e struttura in piccoli pueblos che ci si stupisce che esistano ancora. La mia esperienza è stata straordinaria, anche per il vino bevuto.
Il Malbec è l’uva rossa più diffusa insieme a Cabernet sauvignon, syrah e pinot noir. Anche merlot, tempranillo e bonarda.
I vini migliori, secondo me, sono quelli di malbec in purezza, destinati a medio lungo invecchiamento, e grande evoluzione. L’annata 2005 è ottima, longeva e molto fruttata. Anche il 2004 è stato, per i miei assaggi, un ottimo millesimo.
Iniziamo quindi con i Malbec (ma il nome del vitigno va minuscolo come diceva Veronelli o no).

La differenza dei vini di Cafayate e Salta (nord-ovest) rispetto alla più nota Mendoza che sta a mille km. a sud è soprattutto quantitativa. E’ ormai molto promettente lo sviluppo di nuovi produttori e il rinnovamento di altri storici del nord, grazie alle condizioni climatiche e idriche favorevoli, oltre alla unique sellling proposition ovvero la peculiarità ”esclusiva” di fare vini ad altura quasi estrema (2000 mt ma presto anche un cabernet-malbec a 3000 mt, lo Yeti dello svizzero proprietario dell’azienda Colomè). Inoltre una decina di anni fa la firma di Michel Rolland è apparsa anche sull’etichetta di un vino di questa zona (appena fuori Cafayate, azienda San Pedro de Yacochuya, vista anche in Mondovino) dopo che il famoso enologo francese aveva già contribuito alla fama di Clos de los Siete in Mendoza. Sia ben chiaro, ovunque in Argentina ci sono anche tantissime ciofeche terrificanti, che hanno solo il vantaggio di costare pochissimo (10 pesos, circa 2,5 euro a bottiglia). A volte imbevibili, da commercio di basso mercato gdo argentino. Però la fascia media, quelli da 25-30 pesos (6-8 €) ha un ottimo valore q/p. Credo ci sia un motivo tecnico, spesso i vini di fascia media maturano pochi mesi nelle barrique americane usate precedentemente per i vini di punta (che spesso purtroppo sono punte di legnobastonevinone). Quindi diminuisce l’apporto eccessivo delle tostature da barrique e quando le uve sono di buone annate il prodotto medio è spesso piacevole ad un prezzo basso. E’ vero, soprattutto per alcune Reserva, che l’uso del legno è ancora molto pesante in certi casi per il mio palato. Tuttora è piuttosto diffuso il terribile vezzo di scrivere roble (rovere) vicino alla dicitura del vitigno in etichetta, come se fosse un evidente plus (immaginiamo con terrore un Nebbiolo “rovere” in Italia).

L’esportazione di vini argentini è indirizzata soprattutto al resto del sud-centro america e in maggior parte negli USA, dove il gusto dei consumatori predilige l’apporto evidente di speziature e tostature dolci (la descrizione del legno è del resto utilizzata come un parametro nelle note delle riviste americane di vino). Forse bisognerebbe provarli invecchiati, ma come dicevo, è molto difficile trovare in commercio vini argentini con più di dieci anni di vita. Una volta ho dovuto quasi minacciare di scrivere male dell’azienda sul forum del Gambero Rosso. Ero praticamente spacciato e così mi sono spacciato per “periodista”. E’ andata bene perchè il Malbec 1994 di Escorihuela Gascon (Mendoza) è stato un’esperienza voluttuosa. Al primo annusare sembrava una barbera nebbiolesca poi è diventato balsamico come un lagrein riserva superiore (14,3°, sull’etichetta indicano sempre i gradi al decimo preciso). Di viola e terra, non mi mollava più il palato con un ritorno di after eight alla ciliegia lunghissimo. Speriamo che il 2004 che mi son portato invecchi bene. Quindi a parte poche occasioni, le annate assaggiate partivano dal 2000 e soprattutto ’04 e ’05 (ottime annate, dicono). Buono il Malbec 2004 della Finca el Recreo, pepato, pulito, poco lungo il finale ma dolce anche se tannico per l’età. Ottimo il mendozano Dona Paula, un loro classico di fascia alta. Ottimo lo Yacochuya 2002 (e il 2001 è rimasto in omaggio all’amico Fabrizio, in attesa di berlo insieme alla prossima volta), quello con la firma di Rolland. Un quasi amarone di 16° fatto a 2000 e passa metri di altitudine. E’ a maggioranza malbec (credo che a seconda delle annate ci facciano l’aggiuntina di cabernet e merlot) ed è realmente un vino diverso, si sente la mano europea, si sente la piacevolezza bordolese, ma si sente che l'altitudine gioca un ruolo particolare, magico oserei; altro vino che passa i tre bicchieri. Altri vini eccellenti sono il Josè Luis Mounier reserva 2005 (60 pesos= 17 euri) dell’azienda giovane visitata a Cafayate dal dolce nome di Finca de las Nubes, fattoria delle nuvole. E’ un malbec al 60% e il resto cabernet sauvignon con un saldo di tannat per dare colore. Si fa 30 giorni di macerazione in acciaio e 12 mesi di barrique francesi usate. Pulito e balsamico al naso ha una beva davvero straordinaria, fresco, fruttato ma di buona struttura e corpo. Poi ho voluto anche cercare un pinot noir, forse per la mia dipendenza dai Borgogna, forse per scoprirne uno anche in Argentina. Gli unici due che potremmo alla cieca prendere per medi villages francesi, sono stati il Rufini reserva 1999 della Bodega la Rural (Mendoza) e il Pinot Noir 2001 della Bodega Salentein. Buono il pinot noir di Luigi Brosca ma con troppo legno affumicato per il mio gusto. Non mi sono piaciuti invece molti vini che hanno una grande diffusione nei ristoranti, Chandon e Nanni meno di tutti, ma la lista purtroppo è lunga. Ah, c’è anche un vitigno bianco coltivato solo laggiù, il torrontes, deriva probabilmente dall’albarino spagnolo delle Rias Baixas, anche se è più morbido e complesso al palato dell’antenato iberico. Buona acidità e soprattutto grandi profumi floreali e balsamici. Consigliano di non berlo gelato ma appena fresco. Con le empanadas, naturalmente.

Mi è rimasta la curiosità da provare il rosso 2001 di Yacochui, ma è in un posto sicuro, fuori dal centro di Salta, la Finca Valentina, un luogo da sogno, di quelli veri. Dove dopo una serata con il cielo pieno di stelle e uno stupendo asado familiare, ci si alza al mattino, nella pace e mentre fai colazione c'è Fabrizio che sella il cavallo e si fa una galoppata prima di partire per le escursioni. Guardo la piccola di casa, Sofia, che mostra il suo caratterino e i suoi sorrisi disarmanti mentre la sua mamma balla per farla dormire.
Insieme alla natura senza filtri delle Ande, è una delle immagini che ho portato a casa da questa vacanza.
Que viva Argentina, que viva Socompa.