7 giugno 2011

MONTALCINO TIENE DURO

Piccolo riassunto.
A Montalcino si produce il brunello da un secolo abbondante e anche nelle ultime modifiche al disciplinare negli anni '90, si è stabilito che quel vino dovesse contenere unicamente uve di sangiovese grosso coltivate nella zona della docg Brunello di Montalcino.
I pettegolezzi raccontano da molti anni di cisterne provenienti fuori mura e di produttori che coltivano ed inseriscono uva, generalmente merlot e cabernet, nel brunello insieme al sangiovese.
Un paio d'anni infatti fa esplose il grande scandalo con alcune aziende indagate, intere produzioni declassate, patteggiamenti in sede giudiziaria e altro che si può approfondire facilmente cercando in rete (Brunellopoli è il titolo poco fantasioso dello scandalo).

Parallelamente nonostante l'intervento giudiziario, alcuni opinionisti, giornalisti e qualche raro produttore hanno ricominciato a perorare in sede di Consorzio, una sorta di rivoluzione "modernista" per permettere appunto anche l'utilizzo di altre uve in minima percentuale oltre al sangiovese; chi dice per allargare il mercato con un gusto più "internazionale" e "facile" del vino, chi dice perchè così chi aveva del merlot in vigna lo poteva mischiare al sangiovese senza problemi legali.
Infine pochi giorni fa, forse come percorso di avvicinamento al grande obbiettivo del brunello, è stato proposto di far votare il Consorzio sulla possibilità di iniziare a cambiare almeno il disciplinare del rosso di Montalcino, il fratello minore del Brunello: non si è dovuto nemmeno attendere l'esito, perchè la mozione non è stata presa in considerazione dalla maggioranza e le cose restano come erano. Nel rosso e nel brunello di Montalcino si usa il sangiovese e basta. Per ora. Prima o poi i "modernisti" torneranno alla carica.

A parte il fastidio personale verso questa fregola di voler "modernizzare" (più moderno solo perchè nuovo e diverso?) i sapori del vino (come del pollo, del maiale, del formaggio ecc), attraverso una mistificazione storica e gustativa che ha letteralmente il sapore dell'omologazione.
Chiunque, anche a Montalcino, può sperimentare liberamente a suo piacere mettendo merlot o pippirimerlo insieme al sangiovese, solo non può chiamare quel vino Brunello di Montalcino. Se il vero intento fosse fare un vino più buono, non dovrebbe importare il potenziale sfruttamento dell'affermato brand brunello.
Se la "modernizzazione" fosse in nome del consumatore e se il brunello di solo sangiovese viene considerato troppo duro, o troppo qui e troppo là, il rimedio più semplice sarebbe quello di proporre al mercato un altro vino con caratteristiche diverse e un altro nome. Mentre non ha valore e logica far cambiare a tutti la tradizione di un patrimonio storico per favorire qualche lobby.
Altrimenti, per paradosso, siccome il rugby è sport troppo cruento e fisico, per offrire uno spettacolo moderno e adatto a tutti si dovrebbero inserire delle fasi di gioco in cui i giocatori delle due squadre si sfidano a bandiera oppure a "un, due, tre stella!".

1 giugno 2011

VINI DI DESTRA E DI SINISTRA



Le recenti tornate elettorali mi hanno fatto fare questo pensiero malsano.
I vini possono essere di destra o di sinistra?
Sgombro subito il campo da questioni ideologiche sul prezzo, ovvero che il vino che costa poco è di sinistra quello di "lusso" è di destra, perchè a parità di condizione sociale conosco persone di sinistra che spendono una fortuna in vino e persone di destra che vanno al risparmio con la damigiana del contadino. E viceversa. Bere il vino buono piace a "destra e sinistra" e alla domenica -ma solo un bicchiere- persino ai moderati di "centro".
Mi piaceva provare a vedere se nel modo di essere, nell'essenza di un vino, nelle sue caratteristiche storiche e gustative, potessero esistere elementi di "posizionamento" politico, ideologico.
Escludo a priori dalla ricerca i vini "propagandistici", ovvero quei prodotti di basso valore che vengono etichettati con nostalgiche effigi delle varie "icone storiche", dittatori e personaggi di una "parte" o dell'altra.

Sforzandosi si potrebbe collocare più a sinistra il barolo di Bartolo Mascarello, famoso negli anni '90 per l'etichetta "No barrique, no Berlusconi". Oltre che per questa dichiarazione "politica" del suo produttore, forse è un vino di sinistra anche perchè nasce dall'unione di più vigne, una specie di "comunismo di uve" e perchè Bartolo era come un operaio della vite.
Più difficile pensare ad un vino dichiaratamente di destra, se non per alcuni dati storici legati ad alcune famiglie nobili, note ad esempio per essere state simpatizzanti durante il periodo fascista come si intuisce ad esempio in Mondovino di Nossiter, quando un discendente di una famiglia toscana racconta alcuni aneddoti. Ma non mi sembra un esempio fortemente emblematico come il barolo di Bartolo.
Ci vorrebbe qualcosa di più concreto, una tipologia o un vino che riassumano i valori della destra e della sinistra, ma non mi si accende nulla.
Lascio perdere il gioco e il post, tanto succede molto spesso e anche recentemente, che gli elettori una volta stanno da una parte e una dall'altra.
Sono come il vino, evolvono.
L'importante è non fare andare in aceto il loro fermento.